domenica 10 maggio 2009

E L VITA CONTINUA....

La vita che imposta ci viene,
che si vuol sia un bene prezioso,
è una cosa che non ci appartiene,
è un debito in contenzioso. . . . . .

Non l’abbiamo per niente richiesta,
tantomeno l’abbiam “ meritata “,
pur se viene onorata qual festa
che, ogni anno, si vuol celebrata.

Il suo scorrere sempre oneroso,
col suo carico di triboli e pene,
nel cammino ognor doloroso
è condanna piuttosto che un bene.

Padri e madri son sempre impegnati
a crear innocenti creature,
che a subir saran condannati
in gran copia tormenti e torture.

La Scrittura lo suol minacciare,
non si sa per che iniqui concetti,
che i figli debban sempre pagare
per degli avi i pur gravi difetti.

Con pensioni da fame erogate
si può appena pagare l’affitto,
degli anziani son certo mirate
a negar alla vita il diritto.

Di gran lunga assai meglio la morte,
per por fine ad una ria sorte,
dell’infame che vien definita
col beffardo eufemismo di “ vita “.

DIPLOMAZIA !

Entro l’uman consesso,
carente di poesia,
per esservi ammesso
val sol l’ipocrisia… .
Nessuno è se stesso,
ma quel che si vuol che sia !
Ergo il saper vivere
l’arte è sol di fingere !
Lorenzo Spoladore

sabato 9 maggio 2009

SUPERGA 4 Maggio 1949 (Scomparsa el grande Torino)

Dopo un lustro d ’atroce guerra
era l ‘Italia tutta in rovina:
vinti e laceri, morale a terra,
paréa utopia risalir la china.
E per rinascer far la nazione,
urgéa oprar la ricostruzione.
Doveasi l ‘unione ritrovare,
spegnendo il fuoco della diatriba
che ci vedeva l’un l’altro odiare,
spinti da lotta fratricida. . . . .
Era svanito l’italo orgoglio,
prostrato dal Duce e da Badoglio.
Or ricchi soltanto d ’altrui disprezzo,
senza risorse, senza speranza,
la resa pagan a caro prezzo,
dovuto scotto a tanta iattanza. . . .
Era fatale, in tanta vergogna,
esser derisi e messi alla gogna.
Urgèa dal baratro uscir fuori,
ritrovar armonia e serenità. . . . .
il patrio amore ridar ai cuori,
unire gli intenti in umiltà.
Il comune ideale era il cemento,
per l’italo neo risorgimento !
Quand’al ciel, in nuovo splendore,
a illuminare il nostro cammino,
saliva radioso il Tricolore,
per le imprese del grande Torino.
Allora l’Italia è rinsavita
ed ha ripreso gusto alla vita!
Era il Torino la nazionale,
che in tutto il mondo s’era affermato;
era un complesso fenomenale,
nel tifo il popolo ha compattato:
s’andava insieme, bandiere in testa,
tutti allo stadio a mirar lor gesta.
E con l’orgoglio di tanto ardore
per la straniera credibilità,
su rinnovata via dell’onore
ritrova l’Italia la dignità,
grazie ai granata, uomini buoni
che, scesi in campo, parèan leoni.
Quando a Caselle,quel dì di maggio,
del lor volo da quel di Lisbona
vien dato il nunzio ch’è all’atterraggio,
l’Apocalisse scuote la zona. . .
Con un terribile, grande boato,
l’aereo sul colle s’è schiantato!
Sempre uniti in una sorte,
in campo o fuori, ogni momento,
periron insieme in una morte,
lasciando il pianto e lo sgomento.
L’itala gente non si dà pace,
mai rassegnata al dolor soggiace!
E nella notte si sono uditi
dalla Superga, giù per le valli,
di zoccoli l’eco e di nitriti
delle Walkirie su lor cavalli . . . .
Raccolti gli invitti della palla,
seco li addusser nel Walhalla.
Ora con gli Asi del dio Odino,
infra gli eroi votati alla gloria,
riede la squadra di quel Torino,
fattasi mito, leggenda e storia.
Scolpisci i lor nomi, divina Clio,
così che non cadan mai nell’oblìo!

JENNY (Composta a consolazione di un'amica a suo dire votata al suicidio, perchè abbandonata dal marito a 60 anni.)

Alla caduta degli dei pagani
l’Olimpo deserto si fè in un lampo,
sotto minaccia de’ strali cristiani.
La bella Venere, in cerca di scampo,
dopo una scelta durata millenni,
rifugio trovò nel corpo di Jenny.
Apollo e Diana la seguiron saggi,
agli occhi donando del sol i dardi
e della luna romantici i raggi,
sì ch’essa li ebbe di fuoco e maliardi.
Quindi Minerva, dea dotta e sapiente,
dimora ideale trovò in sua mente.
S’ella l’occhi dischiude e s’addorme,
spentosi il sole, divien notte fonda;
il mondo nel buio diventa informe,
immoto e silente sì come tomba. . . .
Ma allor che li apre e si fa desta,
di mille luci è tutta una festa !
Allorchè il guardo su me ella posa,
ogni mia vena, sconvolta, mi vibra;
avvampa il viso e si tinge di rosa,
violento il cuore percuote ogni fibra.
Allor la smania febbrile m’assale
di stringerla forte, da farle male.
Ma quando son solo e penso al tutto,
l ’amor senile mi mette alla gogna,
eppur m’assale la brama del frutto,
ch’in sogno ho già colto, senza vergogna. . .
Se fossi saggio dovrei evitarla,
ma ormai non posso dimenticarla.
Ebbene sia fatto il volere di Dio !
Il cuore s’inoltri ne l ’arduo sentiero,
pur se pagarne dovrò caro il fio. . . . .
Sottrarmi non posso al suo pensiero;
e se cocente n’avrò delusione,
col pianto e il duolo farò espiazione !
Ma se cupido le inviasse il dardo
ad infiammarne l’indurito cuore,
a nuova vita sorgerà il vegliardo,
sì che donandole tutto l’ardore,
la farà assurgere al settimo cielo,
poscia che sciolto ne avrà tutto il gelo.
Il fiore maturo che colto non sia,
disperde e spreca la grazia e l’olezzo,
non reca ornamento, neppur poesia:
ai doni di Dio è offesa e disprezzo.
Al mondo maggiore ricchezza non v’ha
ch’altrui esser fonte di felicità.
Fu “Carpe diem” latina esortazione
con cui Orazio, or son mill‘anni
A coglier invitava ogni occasione
Pur d’obliar del viver gli affanni.
Anch’il Medici incitava all’ebbrezza,
poiché del diman non s’ha certezza.
Se alfine negato mi sarà il suo amore,
allor giunga presto la dipartita,
che sia la morte a spegner l’ardore,
alfin che la febbre mi sia finita ! Anche al momento dell’ultim respiro,
sarà per Jenny l’estremo sospiro.
Oh, santi Numi, o patri Lari,
voi che dell’uom conoscete l’istoria,
già ben sapete che son solo i bari
che sempre riportan facil vittoria. . . .
Nel gioco della vita, cui son negato,
purtroppo lo scotto ho sempre pagato !

L'ABORTO

Si fa sempre più accesa tra i governanti la polemica per il varo della legge proibizionistica nei confronti dell’aborto, con aperti interventi del clero, perché ritenuto un omicidio, in quanto adottato per sopprimere una vita, anche se questa è appena abbozzata.
E’ evidente che per lo più vi ricorrono persone indigenti,non in grado di potersi fare carico del mantenimento di un nuovo componente della famiglia, quindi dettato dalla necessità e ciò può anche avere una sua logica vitale, tanto più che raggirando i divieti, sono assai numerosi, e onerosi finanziariamente, gli aborti illegali presso medici privati.
In considerazione del fatto che l’ignorante ambizioso, resosi conto dei propri limiti e della propria inferiorità, cerca sempre di valorizzare e di elevare se stesso abbassando gli altri, mediante la calunnia e la diffamazione.
Tra gli esseri viventi questo, simile ad un terribile virus, è il più nocivo e il più spregevole, anche perché per combatterlo non esiste alcun vaccino, per cui la più auspicabile soluzione liberatoria, potrebbe essere quella di vietare e abolire tassativamente. . . . l’ignoranza.
Ciò è possibile solo auspicando la creazione di laboratori si studio che riescano a trovare il mezzo per esaminare il feto, nel suo interno, al fine di scoprirne il grado di intelligenza, vietandone tassativamente la nascita, e quindi imponendo l’aborto, se insufficientemente dotato di facoltà intellettive.
Solo allora l’aborto diventa sacrosantamente indispensabile!
Se tale sistema fosse stato instaurato da tempo, oggi non avremmo negli organi amministrativi e in Parlamento una pletora di incapaci parassiti.
Lorenzo Spoladore

LA SANGUISUGA

Dall’enciclopedia:

Sanguisuga = piccolo verme che vive in acque dolci stagnanti, detto MIGNATTA, di colore verdastro, dotato di una ventosa orale che aspira il sangue.
Perché il sangue mantenga la sua fluidità che ne faciliti l’aspirazione, inietta una sostanza anticoagulante: la Irudina, che è utilizzata in medicina a scopo decongestionante nelle varie affezioni dolorose, in particolare nelle flebiti.

Il politico sanguisuga = grosso verme senza scrupoli, che vive in Parlamento, detto: MIGNOTTA, di vario colore politico, del tutto privo di scrupoli, che lo inducono a succhiare avidamente il sangue del popolo.
Perché il sangue venga più facilmente e in abbondanza succhiato, inietta nelle vittime popolari la fiducia con la sua sfrontata oratoria, con false promesse e con illusorie delibere, mai sorrette da validi benefici per il cittadino e soprattutto per i poveri e i pensionati.
Non esistono esempi di utilizzi benefici, poiché, manovrato da losche “cosche” e dai numerosissimi partiti politici, che infestano l’Italia, è capillarmente organizzato in maniera da evitare sconvolgimenti e rivolte, che possano portare ad una liberatoria e tanto auspicata moralizzazione.
Lorenzo Spoladore

LE IDI DI NOVEMBRE (1951 - 2001 50° Dell'alluvione del Polesine)

Il freddo plumbeo inverno
di quel novembre tristo,
stendeva un tetro velo
come non mai fu visto.
Pioveva a dirotto
Da otto giorni e otto.
Accavallando l’onde
Il Po rigonfio d’acque,
premendo sulle sponde,
furioso mai non tacque
quel torvo suo rumore,
presagio di terrore.
Batteva forte il cuore,
veniva meno il fiato. . . . .
Volgevasi al Signore,
temendolo adirato,
la polesana gente
ch’è supplice impotente.
E sale l’acqua . . . . sale,
con impetuoso corso:
Diluvio Universale,
di biblico ricorso.
E’ notte di tregenda,
un’ossession tremenda !
Gli argini crollaron,
con rovinoso schianto
e l’acque seminaron
lutti, rovine, pianto. . . . .
La bibbia ne predisse
Ahimè, l’Apocalisse !
Un mare fu la valle,
chè tutto fu sommerso:
paesi, campi, stalle,
di vista tutto perso !
E fu desolazione,
fu gran disperazione !
Dei campanil le punte,
le uniche emergenti,
parèan le mani giunte
di disperate genti,
ad implorare in dono
da Dio: pietà, perdono…..
Dovettero scappare
In cerca di salvezza,
altrove a ricercare
rifugio e sicurezza.
E fùr così dispersi
In luoghi i più diversi.. . .
Finita l’emergenza,
durata ancor per anni,
con proverbial pazienza
si rimediò ai danni.
Sepolta fu nel cuore
l’angoscia ed il dolore.
A suolo prosciugato
fu, senza esitazione,
il popol dimezzato
indomito in azione
e, mese dopo mese,
la vita vi riprese.